Il I° Reparto d’Assalto nasce ufficialmente il 20 maggio del 1918 a seguito delle disposizioni del Comando Supremo che allinea il numerale dei reparti d’assalto a quello dei corpi d’armata di appartenenza. Tuttavia il reparto viene costituito già a partire dal dicembre del 1917 con il numerale di X° Reparto d’Assalto.
Qui di seguito viene riportata una sintesi dei principali avvenimenti che lo hanno visto protagonista durante la Grande Guerra.
Eventi del 1917
Nell’autunno del 1917 il I° Corpo d’Armata è schierato sul fronte del Cadore e del Comelico. Alle sue dipendenze c’è il V° Reparto d’Assalto (ovvero il futuro XXVII° Reparto d’Assalto). Tra il 22 ed il 23 ottobre – dopo i combattimenti sul Monte Piana – quest’ultimo viene trasferito presso IX° Corpo d’armata (10 novembre).
Il I° Corpo d’Armata rimane quindi privo della propria unità d’assalto. Il suo comandante – tenente generale Settimio Piacentini – chiede al comando della 2^ Armata (di cui era alle dipendenze) di poter costituire un battaglione di Arditi.
Il 19 dicembre il Comando Supremo approva la costituzione di un reparto d’assalto di fanteria strutturato su tre compagnie che prende il nome di X° (il deposito del 2° Reggimento Fanteria a Firenze viene scelto come centro di mobilitazione).
Eventi del 1918
Il I° Corpo d’Amata torna in linea tra il 18 ed il 20 di marzo nel settore Osteria di Monfenera – Pederobba, sostituendo la 46^ Divisione Chasseurs francese e costituendo l’ala destra dell’armata del Grappa. Questo tratto del fronte risulta particolarmente delicato in quanto il suo sfondamento permetterebbe all’avversario di aggirare sia il Grappa sia la linea del Piave.
Il X° Reparto d’Assalto comincia ad operare all’inizio di maggio preparando ed eseguendo con fortuna alterna una serie di incursioni mordi e fuggi volte alla cattura di prigionieri. Questo tipo di azioni non viene mai effettuato da più di una compagnia e – ove possibile – sempre a seguito del tiro di distruzione e di ingabbiamento dell’artiglieria.
Nei primi di maggio vengono effettuate tre incursioni con lo scopo di confermare la presenza della 20^ Divisione Honved smentendo così le voci che la davano in trasferimento sul fronte francese.
La prima di queste è un colpo di mano su Fener da parte di una compagnia di formazione del X° (120 uomini – divisi in quattro plotoni – scelti dal comandante del reparto, capitano Luigi Guglieri). A sostegno degli Arditi viene posta una compagnia del 264° Reggimento Fanteria (Brigata Gaeta) con appoggio in due fasi dell’artiglieria: prima fase con tiro di distruzione dei medi calibri del corpo d’armata (14° Raggruppamento d’Assedio); seconda fase con tiro di ingabbiamento delle batterie di piccolo calibro divisionali. Obiettivo dell’operazione: fare prigionieri e prendere ai nemici uccisi il piastrino di riconoscimento, il berretto e le carte personali.
L’operazione, preparata nella più assoluta segretezza, viene eseguita nelle prime ore del 6 maggio. Nonostante la cura posta nell’organizzarla non dà i risultati attesi. A causa dell’oscurità e della nebbia, gli assaltatori perdono coesione dividendosi in due tronconi. Il comandante, capitano Galanti, rimasto con due plotoni e senza notizie degli altri due, decide di rientrare nelle proprie linee.
Sebbene senza perdite l’incursione fallisce. I rapporti contrastanti inoltrati dai partecipanti portano inoltre ad un severo richiamo del comandante del I° Corpo d’Armata con conseguente inchiesta volta a chiarire eventuali responsabilità. Viene messo quindi in dubbio il livello e la qualità dell’addestramento degli Arditi del X°, confermato anche dall’esito delle due operazioni effettuate nelle notti successive (notti sull’8 e sul 10 maggio).
Qualche giorno più tardi il tenente generale Piacentini invia un documento alle due divisioni affermando apertamente che le tre incursioni sono fallite a causa del costante venir meno dei tre requisiti fondamentali per un’operazione notturna: il silenzio, la coesione e la volontà di riuscire.
“Ho parlato chiaramente perché nessuno fraintenda. La stima immensa e la fiducia illimitata che ho nelle truppe del corpo d’armata, mi fanno sicuro che, nelle successive operazioni notturne, che è indispensabile compiere per avere notizie del nemico che abbiamo di fronte, otterremo i risultati che speriamo; questi, mentre saranno di grande giovamento per tenere orientati i comandi superiori, daranno poi alle truppe la giusta soddisfazione ed il meritato premio che derivano da operazioni ben riuscite”.
I tre tentativi non riusciti consentono tuttavia di tracciare un quadro relativamente preciso delle difese da superare. Su queste basi viene abbandonata l’idea di un colpo di mano basato sull’effetto sorpresa a favore di un piano più articolato composto da azioni diversive e tiri di distruzione alternati a quelli di ingabbiamento condotti a partire dalle ultime ore di luce del giorno precedente l’attacco per permettere agli osservatori gli aggiustamenti del caso.
Fra le 23,45 e le 3,45 della notte sul 20 maggio è prevista l’incursione di una compagnia del X° composta da tre plotoni, una sezione pistole-mitragliatrici, una lanciafiamme ed infine un plotone dei fanti della Brigata Gaeta. A protezione dell’assalto viene messo un plotone del 144°, due del 143° ed altri due del 264°. Al fine di agire nel massimo silenzio – evitando i precedenti errori – viene dato l’ordine di non fare uso delle armi da fuoco e delle bombe a mano a meno di non essere sotto attacco.
La compagnia del X° – agli ordini del capitano Francesco Santoro – è formata da 35 uomini suddivisi nei plotoni del tenente Blangini e dei sottotenenti Maida e Lavè. In questa formazione la compagnia arriva alle 23,40 a quota 262, da dove può osservare l’azione di distruzione delle batterie di medio calibro su Fener. Alle 23,45 gli Arditi si lanciano giù per il pendio per venir poi investiti dalle fucilate provenienti da una linea di piccoli posti (buche per tiratori). Gli ufficiali – come da ordini – lanciano in avanti i propri uomini evitando di rispondere al fuoco avversario. I tiratori nemici – davanti allo slancio del X° – iniziano una veloce ritirata verso la strada Fener Pederobba. Durante l’inseguimento la pattuglia di testa, guidata dal capitano Santoro, si ritrova isolata di un centinaio di metri venendo poi investita dal fuoco proveniente da una casa lungo la strada provinciale. Il gruppo del capitano Santoro viene attaccato da più lati e sia lui che il sottotenente Giuseppe Maida vengono feriti da schegge di bombe a mano. Il plotone si apre un varco riuscendo a ripiegare ma i due ufficiali vengono lasciati indietro e dati per morti.
Passata da poco l’una e fallita la sorpresa dell’attacco gli Arditi iniziano a ritirarsi procedendo a piccoli gruppi e portando appresso un prigioniero ungherese. Il ripiegamento termina verso le 4 del mattino con un totale di 10 dispersi – tra i quali il comandante Santoro e il sottotenente Maida – e quattro feriti.
Nonostante l’accerchiamento del plotone di Maida ed il ripiegamento frazionato, i comandi si ritengono soddisfatti ed il X° Reparto d’Assalto può quindi riscattare i precedenti fallimenti.
All’indomani dell’azione, il comandante della 4^ Armata Generale Giardino, davanti al X° e a due battaglioni della 70^ Divisione schierati in armi, decora con la medaglia d’argento al valor militare il capitano Santoro, il tenente Maida, il sergente Colangelo e l’ardito Zurini. Una medaglia di bronzo viene inoltre concessa ai due ufficiali superstiti e ad altri due Arditi del reparto.
Si riportano di seguito le motivazioni delle medaglie d’argento:
SANTORO Francesco
MAVM (1918) – Capitano reparto assalto
Comandante di una compagnia d’assalto, attaccava una posizione nemica difesa da numerose forze, con animo deciso ed esemplare valore. Portatosi in testa all’avanguardia della colonna circondata da forze superiori, sotto violento fuoco nemico, non perdeva di mira il compito suo ed affermava ancora ai dipendenti di dovere e volere giungere a qualunque
costo alla meta. Cadeva nell’inseguire con parte dei suoi uomini i nemici fuggenti.
Fener, 20 maggio 1918
Nota: dato per morto, viene catturato per poi rientrare in Italia al termine del conflitto, dopo un fallito tentativo di fuga.
MAIDA Giuseppe, da Dinami (Catanzaro)
MAVM (1918) – Sottotenente reparto assalto
Volontario in tute le azioni contro le posizioni nemiche. Comandante di avanguardia, in un’irruzione contro posizione tenuta da molte forze avversarie, si gettava con grande ardimento contro un posto nemico. Circondato da forze superiori, mirava a raggiungere lo scopo dell’azione nonostante il fuoco avversario, e cadeva accanto al suo capitano dando esempio di tenace valore.
Fener, 20 maggio 1918
Nota: dato per morto, viene catturato per poi rientrare in Italia al termine del conflitto .
COLANGELO Antonio, da Bagno, frazione Monticchio (Aquila)
MAVM (1918) – Sergente reparto assalto, n.18500 matricola
Di avanguardia, in un’irruzione contro ben guardata posizione nemica, circondato da forze superiori, sotto violento fuoco, quantunque ripetutamente ferito, coadiuvava l’ufficiale comandante a respingere l’avversario e a mantenere la coesione fra i dipendenti, in difficilissime condizioni di terreno di combattimento, dando prova esemplare di costanza e valore.
Fener. 20 maggio 1918
ZURINI Giovanni, da Magnano in Riviera, frazione Bueriis (Udine)
MAVM (1918) – Soldato reparto assalto, 4^ armata, n.77626 matricola
In una irruzione contro posizione avversaria tenuta da forze superiori in numero, irrompe-va contro un posto nemico. Cadutogli accanto il capitano colpito da bomba nemica, cerca-va in ogni modo di portar via il corpo del superiore. Circondato ed afferrato da due nemici, ne uccideva uno e ne fugava l’altro, persistendo poi nel combattimento e dando esem-pio di grande valore personale.
Fener, 20 maggio 1918
Proprio in questi giorni il Reparto cambia il numerale da X° a I° Reparto d’Assalto a seguito delle disposizioni del Comando Supremo che allinea il numerale dei reparti d’assalto a quello dei corpi d’armata di appartenenza.
Durante i giorni della Battaglia del Solstizio il reparto non ha modo di entrare in azione in quanto nel settore Tomba – Monfenera non prende luogo nessuna significativa azione di fanteria.
Il 22 giugno il I° Reparto d’Assalto viene trasferito al Corpo d’Armata A per andare a far parte della 2^ Divisione d’Assalto appena costituita (27 giugno 1918). Viene quindi inserito nel 5° Gruppo d’Assalto assieme al V° Reparto d’Assalto ed il XV° Battaglione Bersaglieri, prendendo posizione a Boccon, nei pressi di Vò Centro. Il passaggio alla grande unità prevede un nuovo ciclo d’addestramento il cui obiettivo è acquisire la capacità di operare in una dimensione non più legata al solo livello di compagnia o battaglione.
II 13 settembre il I° Reparto d’Assalto lascia temporaneamente la divisione e viene trasportato a Obledo per compiere un’azione sull’Ornic, ovvero lo stesso settore dove ha già combattuto il maggio precedente. L’obiettivo è la cattura dei posti avanzati che gli austro-ungarici hanno posto lungo la sponda destra del torrente (costone di Casa Forzellette e Case Caola).
L’attacco – studiato con estrema attenzione e cura dal comandante del reparto maggiore Luigi Guglieri – viene prefissato per la notte sul 21 settembre e vi prendono parte la I^ Compagnia del capitano Carletto e la 3^ del capitano Imbimbo (ognuna composta da due plotoni e una sezione pistole-mitragliatrici).
Anche per questa incursione l’ordine è quello di osservare il massimo silenzio unito alla raccomandazione di privilegiare l’uso delle bombe a mano durante le fasi dell’attacco. La buona riuscita dell’azione viene però messa a rischio dall’inatteso intervento dell’artiglieria e dall’indecisione delle pattuglie della 3^ Compagnia che, al primo accenno di resistenza, rinunciano a portare l’attacco fino in fondo iniziando le fasi di ritirata su ordine del comandante. Alle 2,30 la 3^ Compagnia torna alle posizioni di partenza.
In maniera diversa si conclude invece l’incursione della compagnia del capitano Carletto: le due pattuglie attaccano alle 0,50 l’avamposto di Casa Forzellette mettendo in fuga i soldati nemici e respingendo inoltre un successivo contrattacco. Tuttavia il maggiore Guglieri, preoccupato dell’allarme oramai dato in tutto il settore, alle 2,20 invia al capitano Carletto l’ordine di rientrare.
Il giorno seguente (22 settembre) il I° Reparto d’Assalto si ricongiunge alla divisione che nel frattempo è salita in prima linea sul Monte Grappa (settore Asolone – Pertica).
Inizia un periodo di spostamenti: dal 27 settembre al 6 ottobre gli Arditi prendono posizione nelle trincee di prima linea di Monte Coston per poi essere trasferiti nella zona di Castelfranco (Salvarosa). Dieci giorni dopo la divisione raggiunge le posizioni di partenza per lo slancio oltre il Piave iniziando i preparativi necessari la sera del 21 ottobre.
A causa della piena del Piave e della pioggia incessante il I° Reparto d’Assalto deve attendere il tardo pomeriggio del 26 ottobre per attestarsi sull’argine destro del Piave tra Nervesa e Casa Pastrolin.
I primi traghetti lasciano la sponda alle 19,15 iniziando una lotta impari contro la forte corrente del fiume che trascina alla deriva metà delle barche e ostacola la costruzione delle passerelle. In queste condizioni i traghetti portano oltre il Piave solo metà del V° Reparto d’Assalto e meno di una compagnia del I° Reparto d’Assalto. La violenza della reazione avversaria unita alla forza della corrente e alla stanchezza dei pontieri costringe gli attaccanti a sospendere le operazioni e a lasciare isolati sull’altra sponda 8 ufficiali e 210 Arditi del V° e 35 Arditi del I° Reparto al comando del sottotenente Chirici.
Il drappello di Arditi – disposto a semicerchio con il Piave alle spalle – riesce a resistere ai ripetuti ed intensi attacchi del nemico munito anche di numerose mitragliatrici. Nel frattempo viene stabilito un collegamento fra le due sponde ma i tentativi di rifornire e rinforzare gli Arditi del Chirici si risolvono in un nulla di fatto.
La piccola testa di ponte viene annientata il giorno seguente ed assieme a lei anche quella costituita dal V° Reparto d’Assalto.
La situazione oltre il Piave, a nord e soprattutto a sud del settore del Montello, inizia ad essere favorevole alle truppe italiane. Nella notte sul 29 ottobre si decide quindi di lanciare nuovamente la 2^ Divisione d’Assalto al di là del fiume.
Il 5° Gruppo, con i due reparti d’assalto ridotti nel numero, si porta sulla riva sinistra seguito dal 6° e dal 4° e – utilizzando un ponte di barche – completa il passaggio senza incontrare opposizione. Alle 9 del mattino l’intero Gruppo si trova attestato sulla riva orientale del canale Piavesella.
Da queste posizioni i due reparti d’assalto unitamente al XV° Battaglione Bersaglieri proseguono l’avanzata verso S. Salvatore e poi verso S. Pietro di Feletto in cui arrivano alle 3,30 del 30 ottobre. Raggiunto questo obiettivo viene dato l’ordine di rimettersi in marcia e portarsi così verso Serravalle e Vittorio.
Verso le 15, nei pressi della conca di Revine, la marcia viene interrotta da un fitto fuoco di mitragliatrici lasciate a copertura della ritirata nemica. Gli Arditi del I° Reparto d’Assalto ingaggiano quello che sarà l’ultimo combattimento della loro guerra, mettendo a tacere il nemico e catturando un cospicuo numero di prigionieri e mitragliatrici.
Nella tarda sera del 30 ottobre gli Arditi arrivano a Serravalle dove rimangono fino al 2 novembre. In seguito il 5° Gruppo riprende la marcia verso Ponte delle Alpi, fermandosi però a Cadola a causa delle interruzioni stradali e della distruzione del ponte sul Piave. Nei giorni successivi viene raggiunta Longarone da dove il I° Reparto d’Assalto – distaccandosi dal 5° Gruppo – raggiunge Borca di Cadore. Quello stesso giorno viene firmato l’armistizio (4 novembre).
Nei giorni successivi la fine delle ostilità, gli Arditi del I° Reparto d’Assalto vengono impiegati per disciplinare l’afflusso dei prigionieri per poi essere nuovamente trasferiti, questa volta presso Colle Umberto dove vi rimangono fino alla fine di febbraio 1919. Il mese segna anche lo scioglimento del Reparto contestualmente a quello dell’intera 2^ Divisione d’Assalto.
Gli Arditi di tale reparto sono stati decorati con 10 medaglie d’argento al valor militare, 9 medaglie di bronzo al valor militare e 5 croci di guerra al valor militare. Il suo tributo di sangue è di 48 morti, 5 dispersi e 2 scomparsi.
Fonti Bibliografiche
- Di Martino Basilio e Cappellano Filippo: I reparti d’assalto italiani nella grande guerra (1915-1918) | Roma, Ufficio storico dell’esercito, 2007 (doppio volume)
- Roseano Roberto, Stacconeddu Giampaolo: Arditi Decorati e Caduti – Reparti d’Assalto, 1917-1920 | Autoprodotto (Amazon), 2016